mercoledì 4 febbraio 2009

La legge 81 anche per la caccia

La proposta di Ilio Dainelli in seguito alla morte del veterinario Paolo Tambini

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Il suo intervento al consiglio provinciale del 29 gennaio ha lasciato senz'altro il segno: "pochi grammi di piombo non possono avere ragione sull'intelligenza". Sono le parole di Ilio Dainelli, presidente Comitato Unitario Valdera degli Ambientalisti, dimissionario per protestare contro la morte dell'amico di una vita, il veterinario Paolo Tambini, freddato da un colpo di fucile nel bosco tra Santo Pietro Belvedere e Ponsacco, mentre era in cerca di tartufi.

A che punto siamo? Ci sono novità rispetto alle inziative prese per fare luce sul caso Tambini?

Dopo le iniziative prese fino a oggi, sto cercando di coinvolgere quella parte di "folli" che sono i cacciatori. Questi ultimi mi hanno attaccato dicendo che faccio di tutta l'erba un fascio; da parte mia, ho chiesto loro di costituirsi come parte civile per il processo Tambini, proprio per consentire loro di dimostrare una diversità da questi delinquenti, da questi bracconieri. Si tratta di un mondo che neanch'io conoscevo. Vanno con il kalashnikov a caccia, con il winchester, oppure con carabine da 4mila metri. Giocano un'assurda guerra all'interno di aziende private: al limite della follia.Quello che ha ucciso Paolo non fa parte di quest'ultima categoria di persone. Il suo fucile era normale, tuttavia anche lui ha dei precendenti, è stato mandato via da due aziende venatorie a pagamento. Essere mandato via da questi contesti vuol dire che l'hai fatta davvero grossa.

La proposta in questione ha avuto esito?

Per ora ancora nessuno. Ci vuole tempo. Da un punto di vista politico è stata una mossa necessaria, per evitare che si defilassero del tutto. Ora dovranno trovare un modo per relazionarsi, uscire dal pantano in cui, volenti o nolenti, si sono ritrovati. Se non ci sarà un distinguo ufficiale tra loro e quelli che io definisco "sparatori", allora sì mi sentirò autorizzato a fare di tutta l'erba un fascio. Troppi di loro di giorno sono cacciatori e di notte sono bracconieri. Non si tratta di un fenomeno fuori dal mondo, ma ben radicato.

Come lo spiega?

Sono le logiche conseguenze del possesso di un'arma. Ho proposto che si faccia il test antidroga e antialcool a chi pratica la caccia. Lo fanno per l'automobile, che può essere un'arma impropria, non vedo perché non debba essere fatto ai cacciatori, o ai possessori di armi.

Al di là del fatto penale, c'è un elemento culturale che forse non andrebbe trascurato. La scelta di una specifica arma per poter cacciare, l' "estetica" di questa scelta, è spesso poi alla base dei tragici incidenti ai quali assistiamo...

A mio avviso, questo riguarda purtroppo qualsiasi possessore di armi. Si tratta anche di un fatttore generazionale, di una pesante eredità che quelli della mia generazione hanno lasciato alle generazioni successive. Siamo messi male...

La caccia come tutte le attività settoriali gode di una sua specifica giurisprudenza. Sapere che esiste chi per cacciare usa armi improrie per un elemento, diciamo così, di "appartenenza", fa senz'altro crescere la preoccupazione...

Purtroppo spesso non sono nemmeno improprie. Si tratta magari di uno strumento rielaborato, "messo in regola". Questo è ancora peggio: spari con un kalashnikov che non è più tale perché modificato, ma il sintomo che si coglie è comunque tragico: il desiderio di sparare con un kalashnikov. Se si comincia a pensare che l'aspetto esteriore di un'arma ti autorizzi a sentirti più forte, invulnerabile, ecco allora che si perde la misura.

Cosa chiedete alle istituzioni?

La legge 81, la vecchia 626, deve essere adattata anche alla caccia. Un elemento determinante di sicurezza per tutti i cittadini. Gli incidenti di caccia quest'anno hanno superato in Toscana gli incidenti sul lavoro. Una cosa folle.

I prossimi appuntamenti?

Il 6 febbraio la Provincia ha organizzato un incontro per studiare il caso di Paolo Tambini. Saranno presenti gli esperti balistici, le associazioni venatorie, le associazioni ambientaliste e io, nella parte della "scheggia impazzita".

Chi era Paolo Tambini?

Un amico, un fratello, un compagno di lotte. Quarant'anni fa fu uno dei pochi a scagliarsi contro il vaccino per la Bluetongue, causa diretta di malformazioni nei bovini. Tambini è stato obiettore di coscienza trent'anni fa, e uno dei primi coltivatori biologici della Toscana.

Della stessa opinione Donatella Salcioli consigliere provinciale per i Verdi.

Qual è il rapporto con il mondo della caccia?

Abbiamo da sempre tentato il confronto con il mondo della caccia. Debbo dire che non tutte le parti del mondo venatorio sono chiuse. Ci sono aperture (come nel caso dell'Arcicaccia), non certo abolizioniste, ma volte a una gestione della fauna che sia compatibile, sostenibile. Purtroppo, però, alle parole non succedono i fatti. La gestione delle aziende venatorie è da troppo tempo vittima di una certa deregolamentazione. Nella mozione presentata in accordo con le assemblee ambientaliste, tra l'altro moderatissima, ha uno scopo politico: quello che si verifichino finalmente dei cambiamenti concreti. Mercoledì scorso c'erano moltissime presenze al consiglio provinciale, ma queste da sole non bastano.

Quali le richieste?

Le richieste sono sostanzialmente due: le aziende faunistico-venatorie si diano un documento di sicurezza, di valutazione dei rischi, che contempli una misurazione del pericolo e gli strumenti per prevenirlo. In provincia sono moltissime le realtà agroturistico-venatorie che dell'elemento agrituristico, ormai, non hanno nulla. Il secondo elemento riguarda l'uso più attento e diffuso delle guardie provinciali.

La connessione tra un elemento culturale forte, la pratica della caccia, qualcosa che appartiene alle abitudini, e una giurisprudenza più attenta può diventare una sorta di problema "politico". La gestione più disinvolta della caccia, infondo, è comoda per molti...

Starei attenta a fare una decisa distinzione. Esistono cacciatori con grande disponibilità di denaro, che cacciano in riserve nelle quali occorre pagare ingressi molto onerosi. "Cacciatori di selezione", quelli che cacciano specifici capi di bestiame valutati in sovrannumero: servono fucili da più di duemila euro per questo. Non è per tutti e soprattutto non ha niente a che vedere con una tradizione di caccia molto meno concitata. I cacciatori "tradizionali" non vedono di buon occhio questo atteggiamento, tuttavia ciò non basta a provocare una concreta presa di distanze.
Realtà che funzionano in tal senso ci sono. San Rossore, per esempio, il quale ha adempiuto a tutti gli obblighi della legge sulla sicurezza. La stessa cosa può e deve essere praticata anche nelle altre aziende

Intervista a Ilio Dainelli e Donatella Salcioli 03/02/09 16:23 | autore: danilo soscia per






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